
Come poteva reggersi la veneta Repubblica Il problema della crisi generale del Seicento Crisi generale del Seicento. Un secolo intriso di violenza, che praticamente non ha conosciuto pace, tutto un susseguirsi di guerre - secolo horrido per l'ingordigia di havere e per il traffico degli honori, per la vendita della giustitia, per il soverchio degli odii e de' rancori, lo qualificava uno scrittore seicentesco, o secolo di ferro, secondo la definizione di uno storico a noi contemporaneo. Secolo colpito per di più da una crisi che avrebbe coinvolto buona parte d'Europa, e che avrebbe avuto le sue manifestazioni più forti nelle rivoluzioni e nei sommovimenti scoppiati quasi in sincronia verso la metà del secolo: la rivoluzione puritana in Inghilterra, con il suo contorno di rivolte in Scozia e in Irlanda, le guerre della Fronda in Francia, le insurrezioni nella penisola iberica, Portogallo e Catalogna, quelle contro lo statolderato nelle Province Unite d'Olanda, e poi la rivolta, infuocata di passione popolare da Tommaso Aniello, o Masaniello, nel viceregno di Napoli, accompagnata nel viceregno di Sicilia dai moti di Messina e di Palermo. Senza dimenticare la rivolta dell'Ucraina dal alo gli avvenimenti di Svezia del Discutendo di questa crisi si è messa in evidenza la gravità del contrasto apertosi tra le corti rinascimentali e le società che mal reggevano il loro peso, poi si è andati più in là, cogliendo lo scricchiolare di tante vecchie strutture statali, e il rifiuto dei sistemi fiscali, l'incrinarsi della feudalità, le difficoltà di economie come quelle mediterranee di contro allo sviluppo di paesi come l'Olanda, qualche affiorare del capitalismo. Altri ha additato la forza trascinante che ha in questo periodo la passionalità religiosa, e insieme il delinearsi di una svolta culturale, che si esprime nell'arte come nella storiografia, per non parlare delle scienze, fisiche e matematiche, che conosceranno qui il loro rinnovamento. È la cultura del barocco, il diffondersi di una nuova sensibilità, di un nuovo modo di proporsi di fronte alla società e all'esistenza, ha sottolineato con grande vivacità uno storico particolarmente attento alla realtà spagnola, José Antonio Maravall. Qualcosa che aveva già intuito uno storico francese capace di penetrare nel profondo l'evolversi del sentire collettivo, Lucien Febvre: Gomme ces hommes d'après Galilée, comme ces hommes d'après Descartes, sont devenus plus riches, plus nuancés, plus compliqués que leurs pères, egli scriveva, contrapponendo la generazione che si affacciava nella prima metà del Seicento a quella che era stata oggetto del suo precedente lavoro sull'incredulità nel Cinquecento 1. Tra gli anni '60 e gli anni '70 il dibattito sulla crisi generale del Seicento ha appassionato come poche volte storici di vari paesi, a cominciare dall'Inghilterra, che ne è stata l'epicentro, con un famoso saggio di Hugh Trevor-Roper, per finire con la Russia, che ha dato con Alexandra D.
Per cogliere le effettive dinamiche dei cambiamenti Barberi divideva la storia dei consumi italiani in quattro periodi, scelti in ragione della loro emblematicità. Come si vedrà meglio in seguito, la Avanti guerra mondiale fu un acceleratore di questo processo di miglioramento delle condizioni alimentari del Paese. Lo stesso Complessivo delle statistiche storiche italiane rilevava una riduzione cospicua delle calorie giornaliere medie tra i due periodi — da a — dovuta alla contrazione di tutte le componenti fondamentali della alimentazione proteine, grassi, carboidrati. In Sicilia e in Sardegna, per es. Va ancora aggiunto che questi processi si combinarono con un altro fenomeno, termometro altrettanto significativo della ricchezza dei cittadini, affinché riguardava la progressiva riduzione della aliquota dei beni alimentari sul totale della spesa pro capite. A questo andamento positivo va aggiunto quello altrettanto efficace di una riduzione della forbice nella composizione quantitativa e qualitativa della alimentazione tra le regioni italiane, che pur nelle differenze di tradizioni alimentari, di stili di vita, sarebbe rimasta una tendenza presente fino ai nostri giorni. Nelinfatti, questi due fondamentali indicatori segnalavano una spaventosa regressione complessiva della società italiana: il primo era tornato ai livelli di fine Ottocento e il secondo a quelli preunitari. La aggravamento sui consumi non poteva che individuo immediata e altrettanto pesante, toccando — sempre nel — un valore apprezzato ai prezzi del pari a lire medie pro capite, inferiore a colui del